venerdì 4 settembre 2009
Videocracy il film sulla televisione e Berlusconi
Esce oggi nelle sale cinematografiche il film Videocracy di Erik Gandini che è stato completamente censurato sia dalla Rai che da Mediaset le quali si sono rifiutate di trasmettere il trailer. Questa censura ha avuto molto risalto all' estero dove il film sta avendo un ottimo successo. Vi lascio, qui sotto, con un intervista del regista Gandini ed il trailer che fortunatamente grazie ad internet possiamo vedere.
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8 commenti:
Il film dovrebbero farlo all'ariston a Catania, vedrò se posso andarci dato che non voglio perdermerlo.
p.s. la pubblicità qui nel blog è veramente invasiva, solo un opinione :)
Appena lo fanno ad Acireale lo vado a vedere subito in barba al Nanetto! :D
Alessio, scappa finché sei in tempo.
Anonimo, cosa intendi dire col tuo commento?
Ho chiesto info sul film al cinema più vicino a casa mia e han risposto che SE il film verrà trasmesso, si potrà vedere solo un mercoledì sera nella rassegna dei film d'essai. Ne hanno distribuite solo 30 copie in Italia, quindi... OCCHIO ALLA PROGRAMMAZIONE DEI CINEMA, potrebbe sfuggirvi!
Spero di riuscirlo a vedere...effettivamente mi incuriosisce dopo aver visto "Citizen Berlusconi".
___________
http://www.cosmoasi.com
Videocracy, uno spietato ritratto di una società alla deriva
La mostra di Venezia, oltre a capolavori assoluti come Baaria, presenta anche interessanti contributi come Videocracy, una puntigliosa carrellata della voglia di apparire che ha contagiato i giovani, dalla nascita della televisione privata ai programmi cult di oggi come il Grande fratello o X - Factor.
La pellicola vuole scimmiottare il Caimano nel suo genuino ardore di denuncia dello straordinario successo del Cavaliere, ma Gandini è un pallido ectoplasma al confronto con Moretti, un volenteroso riciclatore di immagini di repertorio e nuovi episodi slegati e girati con una video camera parkinsoniana, per cui alla fine della proiezione la figura del Berlusca non viene affatto sminuita, anzi appare quella di un gigante al cospetto di una tribù di pigmei.
Fabrizio Corona, il paparazzo d’assalto noto alle cronache per le sue vicissitudini giudiziarie e per le sue infinite provocazioni, assurge a protagonista principale della storia ed ingenuamente confessa i suoi reati, come l’estorsione perpetrata a Marina Berlusconi con la richiesta di 20.000 euro per non pubblicare alcune sue foto imbarazzanti. Dopo la sua detenzione di 80 giorni nel carcere di Potenza i riflettori si accendono prepotentemente su di lui, trasformandolo da un avanzo di galera ad icona della vacuità, la cui presenza per un ora in un locale viene ricompensata con 10.000 euro, la paga di un anno di un precario con famiglia a carico. Fabrizio non fa che profumarsi ogni momento e recitare stupide frasi ad effetto tra le quali spicca per idiozia quella di essere un moderno Robin Hood, il quale ruba ai ricchi e conserva il maltolto per sé oppure, sfidando il fisco, che la sua squallida attività in poco tempo tempo gli ha reso due milioni e mezzo di euro, una bazzecola rispetto ai compensi d un calciatore.
Per la gioia di signore e signorine, a parte qualche gay di passaggio, vi è poi una scena sotto la doccia nella quale il macho esibisce un nudo integrale da schianto, tra muscoli scolpiti ed abbronzatura nord africana, appena penalizzato dalla visione di un inaspettato ipogenitalismo.
L’immagine più scioccante del film è costituita dal volto patibolare di Lele Mora, mentre ascolta estasiato le note di Faccetta nera scandite dal suo pacchiano telefonino, non certo per le simpatie politiche di un così viscido personaggio, che non ci interessano affatto, ma perché un regime che tanto ha rappresentato nella nostra storia, nel bene e nel male, in un contesto vacuo ed evanescente come quello rappresentato, viene ridotto ad una grottesca quanto innocua caricatura.
Quel ghigno sguaiato incute timore e tristezza, perché esalta un universo di puttanelle in cerca di successo e palestrati pluritatuati aspiranti tronisti, i quali pascolano indisturbati tra spiagge da sogno e night club postribolari.
Un democratico viene disgustato dallo spettacolo di tanta esibita sciatteria, mentre un nostalgico si dispera per una così vomitevole rievocazione, che riduce una sofferta ideologia ad un miserevole gioco di società, un fievole carillon in sintonia con le risate di un oscuro regista, mentre il nero della sua fede viene ingoiato dal biancore abbacinante della scena.
Achille della Ragione
visto ier sera, a me (da anni senza tv a casa) veniva il voltastomaco.
Mi associo alla recensione di Achille che precede il mio commento.
Uscendo dal cinema pensavo a quanti tra i miei amici criticano da anni il "presidente", ma sono incapaci di distoglier lo sguardo dalla magicascatolasciacquaneuroni.
Eppure un minimo di resistenza (mia opinione) dovrebbe cominciar da lì...
SONO I VIDEOSPETTATORI PRIMI ARTEFICI DELLA VIDEOCRAZIA, ma il mio è un giudizio di parte, scusate.
E.
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