venerdì 12 ottobre 2007

Isole Diego Garcia


Riporto un email che mi è arrivata per dare una giusta visibilità ad un blog che probabilmente merita.

Ciao Alessio sono mirco_siri, e ho anche io un blog: http://www.diegogarciablog.blogspot.com Ti invito a visitarlo perché quello mio e degli altri membri è un vero e proprio progetto. Noi siamo già linkati al tuo blog e tu al nostro. Il nostro blog si chiama "Diego Garcia" per un motivo particolare. Diego Garcia è un'isola dell'oceano indiano che ha una storia incredibile, fatta di soprusi e violenza. Ora Diego Garcia è una base Nato. Se vedi, nel nostro blog c'è un link dove ci clicchi e puoi leggere tutta la storia di Diego Garcia. E' un pò lunghetta, ma fidati, ne vale la pena. Siccome questa storia la sanno veramente in pochi, uno dei nostri obiettivi è quella di farla conoscere. Ed è per questo che ti volevo chiedere un favore. Una volta che hai letto la storia di DG, che ne diresti di dedicargli un post sul tuo blog raccontando a grandi linee la storia (la deportazione degli Ilois) e menzionando il nostro blog??? Te ne sarei molto grato. Tra l'altro, molto probabilmente io e i miei amici terremo anche una conferenza alla Facoltà di Scienze Politiche della Federico II di Napoli su DG e molte altre argomenti che noi trattiamo. Sul web, invece, siamo un po' piccoli. Però, siccome il tuo blog ha molte più visite, contiamo che tu possa insieme a noi far conoscere questa storia (che ancora oggi continua nei vari tribunali) vista l'indifferenza totale dei media. Grazie, spero che tu possa dedicarci questo post e aiutarci a diffondere Dg! Ciao


Ecco quindi anche su questo blog la storia di queste isole e dei suoi abitanti:

Questo articolo è tratto da "Il Manifesto" del 12 Ottobre 2004:

Diego Garcia, paradiso venduto da sua maestà.
Deportati altrove per far posto a una base Usa, gli isolani non siarrendono JOHN PILGER. A volte basta una tragedia, un solo crimine per spiegare come funziona l'intero sistema che si nasconde dietro un'apparente democrazia, per aiutarci a capire quanta parte del mondo si dà da fare a favore dei potenti e come sanno mentire i governi. Per comprendere la catastrofe dell'Iraq, e di tutti gli altri Iraq disseminati lungo la scia di sangue e lacrime della storia imperiale, è sufficiente soffermarsi sul caso dell'isola Diego Garcia. La storia di Diego Garcia è sconcertante, quasi incredibile. Colonia britannica nel mezzo dell'Oceano Indiano a metà strada fra Africa e Asia, Diego Garcia è una delle sessantaquattro isole coralline dell'arcipelago delle Chagos, un fenomeno di bellezza naturale e, un tempo, paradiso di pace.
I telegiornali ne parlano di sfuggita: «La scorsa notte bombardieri americani B-52 e Stealth sono decollati verso l'Iraq (ol'Afghanistan) dall'isola britannica disabitata di Diego Garcia». Dietro la parola «disabitata» si celano gli orrori che la videro protagonista. Negli anni Settanta il ministro della difesa britannico pronunciò questa epica menzogna: «Nei nostri archivi non c'è traccia né di popolazione né di evacuazione dall'isola». I primi insediamenti a Diego Garcia risalgono alla fine del diciottesimo secolo, quando oltre duemila creoli vivevano in tranquilli e fiorenti villaggi, avevano una scuola, un ospedale, una chiesa, una prigione, una ferrovia, un porto e una piantagione di copra. Un filmato girato da alcuni missionari negli anni Sessanta mi ha fatto capire perché tutti gli abitanti dell'arcipelago che ho incontrato la definiscono un paradiso; in una sfocata sequenza gli adorati cani degli isolani catturano i pesci della laguna riparata da un tetto di fronde di palma. La fine del paradiso iniziò nel 1961, quando un contrammiraglio americano sbarcò sull'isola e decise di farne quella che oggi è una delle basi americane più grandi del mondo. Al momento vi si trovano più di duemila soldati, l'ancoraggio di trenta navi da guerra, un deposito nucleare, una stazione satellitare, vie commerciali, locali, un campo da golf. Gli americani la chiamano «Camp Justice». Cospirazione segreta Durante gli anni Sessanta il governo laburista inglese di Harold Wilson cospirò in gran segreto con due amministrazioni americane per «ripulire» e «bonificare» le isole: queste furono le parole utilizzate. I documenti rinvenuti nei National Archives di Washington e nel Public Record Office di Londra offrono un clamoroso resoconto delle menzogne ufficiali adottate - menzogne fin troppo familiari per chi ha raccontato quelle sull'Iraq. Per liberarsi della popolazione il ministero degli esteri britanni co inventò un pretesto: gli isolani erano lavoratori con contratto a tempo determinato e potevano essere «rispediti» a Mauritius, distante circa mille miglia. In realtà, molte persone abitavano l'isola da cinque generazioni, come testimoniavano i loro cimiteri. Lo scopo, come scrisse un ufficiale del ministero degli esteri nel gennaio 1966, «è di convertire gli attuali cittadini in residenti(...) temporanei a breve termine». I documenti rivelano anche una dispotica attitudine alla violenza. Nell'agosto 1966 sir Paul Gore-Booth, sottosegretario permanente del ministero degli esteri, scrisse: «Non dobbiamo cedere di un passo. Lo scopo dell'operazione era di conquistare degli scogli che continueranno a essere nostri. Non rimarranno indigeni, a eccezione dei gabbiani». Segue una nota scritta a mano da D. H. Greenhill, poi barone Greenhill: «Insieme ai gabbiani c'è qualche Tarzan e qualche Venerdì...».Sotto il titolo di «Avallare la finzione», un altro ufficiale esortai colleghi a ridefinire la popolazione come «nomade» e a «stabilire una regolamentazione in corso d'opera.» Non una parola per le vittime. Un solo ufficiale sembrò paventare un'eccessiva esposizione e giudicò «estremamente inopportuno dichiarare, in modo più o meno fraudolento, che quella gente apparteneva a un altro luogo». I documenti dimostrano che l'operazione di copertura fu approvata dal primo ministro e da almeno tre ministri di governo. «Gassate i cani» All'inizio gli isolani vennero ingannati e indotti ad andarsene. Chi si trovava a Mauritius per cure mediche urgenti non poté ritornare. Mentre gli americani cominciavano ad arrivare per costruire la base, sir Bruce Greatbatch, governatore delle Seychelles incaricato della «bonifica», ordinò che tutti i cani di Diego Garcia venissero uccisi. Quasi mille animali furono radunati ed eliminati con i gas di scarico dei veicoli militari americani. «Portarono i cani in una fornace dove lavoravano i nostri», racconta Lizette Tallatte, oggi sessantenne, «e mentre i cani ci venivano strappati via sotto gli occhi, i bambini strillavano e piangevano».
La gente lo prese come un avvertimento. Chi era rimasto fu caricato sulle navi e poté portare con sé solo una valigia. Si lasciarono dietro le loro case, i mobili, le loro vite. Durante un burrascoso viaggio di sola andata, i cavalli della compagnia della copra occuparono il ponte, mentre donne e bambini furono costretti a dormire su un carico di guano. Arrivati alle Seychelles, vennero condotti a passo di marcia in una prigione sulla collina dove rimasero fino al trasferimento a Mauritius. Lì vennero scaricati sulla banchina. Durante i primi mesi di esilio, la lotta per la sopravvivenza fu segnata da frequenti suicidi e morti dei bambini. Lizette ha perso due figli. «Il dottore disse che non poteva curare la tristezza», ricorda. Rita Bancoult, oggi settantanovenne, ha perso due figlie e un figlio. Racconta che quando il marito seppe che non sarebbero più potuti tornare a casa, ebbe un infarto e morì. La comunità di Diego Garcia fu devastata dalla disoccupazione, dalla droga e dalla prostituzione, fenomeni un tempo sconosciuti. La sua gente ha ricevuto un risarcimento dal governo britannico solo dopo più di un decennio: meno di tremila sterline a testa, troppo poche per coprirei debiti. Il comportamento del governo di Tony Blair può definirsi per molti versi il peggiore di tutti. Nel 2000 gli isolani avevano riportato una storica vittoria presso l'Alta corte, che giudicò illegale la loro espulsione. Ma a poche ore dalla sentenza, il ministero degli esteri dichiarò che gli isolani non avrebbero potuto tornare a DiegoGarcia per via di un «trattato» con Washington - di fatto un accordo tenuto segreto dal parlamento e dal Congresso degli Stati uniti. Uno «studio di fattibilità» avrebbe giudicato la possibilità di insediamento sulle altre isole dell'arcipelago. L'iniziativa è stata definita dal professor David Stoddart, autorità mondiale sulle isole Chagos, «una complessa e inutile sciarada». Lo «studio» non ha consultato neanche un isolano e ha rilevato che le isole stavano «sprofondando», una bella novità per gli americani che stanno costruendo sempre più infrastrutture; la marina degli Stati Uniti arriva a descrivere le condizioni di vita come «incredibili». Nel 2003, nel corso di un'altra ormai famigerata causa presso l'Altacorte, gli isolani si videro negare anche il risarcimento. La corte permise all'avvocato del governo di aggredirli e umiliarli durante le loro deposizioni mentre il giudice Ousley parlava al plurale, come se la corte e il ministero degli esteri formassero un'unica fazione. Lo scorso giugno il governo si è appellato a un'antica prerogativa reale per annullare la sentenza del 2000. È stato emanato un decreto che bandisce per sempre gli isolani dalla loro terra. Quarant'anni fa lo stesso potere totalitario decretò in segreto la loro espulsione. Blair se ne è servito per autorizzare l'attacco illegale all'Iraq. Guidati da un uomo fuori dal comune, l'elettricista Olivier Bancoult, e supportati dal tenace e valente avvocato londinese Richard Gifford, gli isolani sono pronti ad affrontare la corte europea e ad andare anche oltre. L'articolo 7 dello statuto del Tribunale penale internazionale descrive la «deportazione o il trasferimento forzato di popolazioni (...) con l'espulsione o altri atti coercitivi» come un crimine contro l'umanità. Mentre i bombardieri di Bush decollano dal loro paradiso, la gente delle isole Chagos, afferma Olivier Bancoult, «non permetterà che si commetta questo crimine. Il mondo sta cambiando; vinceremo»


Aquilarossa & Mirco_siri

4 commenti:

skiatto ha detto...

Grazie Alessio per aver dedicato un post alla storia di quest'isola! il blog Diego Garcia ti ringrazia...speriamo di poter collaborare anche in futuro.

Comunque, quello ke è successo agli Ilois(gli ex abitanti di Dg)è paragonabile ad altri eventi tragici che magari ritroviamo sui libri di scuola. Deportazioni, omicidi, invasione e CONQUISTA VERA E PROPRIA di un territorio. Invece di Dg nessuno ne parla. Forse perchè a compiere questi atti sono stati gli Americani, e in piena guerra fredda. Ma oggi, oggi noi abbiamo il diritto di sapere queste cose!!! Abbiamo il diritto di sapere che la Nazione che oggi esporta democrazia, 35 anni fa deportava circa 2000 persone lontano dalla loro terra!!! La battaglia degli Ilois, però, oggi continua nei vari tribunali...e per le ultime novità vi invito a leggere questo post (cose che tg e quotidiani si sono guardati bene dal parlarne e che io ho trovato quasi per caso navigando sul web...)

http://diegogarciablog.blogspot.com/2007/08/la-speranza-lultima-morire.html

L'informazione vera non la fanno nei Tg e sui Giornali, se vogliamo sapere veramente quello ke accade nel mondo usiamo internet!!!

Mirco Sirignano
del blog Diego Garcia

Andrea De Luca ha detto...

Alessio ti ringraziamo tutti per averci dedicato un po di tempo e spazio sul tuo blog.
Non voglio dilungarmi più di tanto, visto che il mio amico Mirco ha già parlato a nome di tutti. Però ci tengo a dire che la storia di Diego Garcia è sottovalutatissima da tutti e leggendola si capisce la storia di quest'isola e di questo popolo trattati ingiustamente dalla superpotenza americana

avocado|azzurro ha detto...

Ciao Alessio. Io ho abitatto la per un paio di mese quest'anno, e sto tornando la fra 1-2 mese per abitare di nuovo per un po di tempo. Ho messo un po di video da la su mio sito: http://www.avocadoazzurro.com/video/diego_garcia/082007_diego_garcia.htm

((Anche un coincedenza: io e mia moglie (che viene da Siracusa) stiamo muovendo a Catania nel maggio di 2008.))

Dimmi se vuole che prendo qualche altro video o photo dal isola.

Anonimo ha detto...

perchè non parlate della deportazione dei culachi o dei campi di rieducazione comunemente detti gulag?

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